Modifiche dei parametri di un grosso alternatore da autobus.

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Modifiche dei parametri di un grosso alternatore da autobus.

Messaggio da Ferrobattuto » 14 dic 2011, 14:10

Parecchio tempo fa venni in possesso di un paio di alternatori da autobus uguali, uno con lo statore bruciato, l'altro con l'asse del rotore schiavettato, perciò impossibilitato a montarci una puleggia.
Decisi di provare a fare delle modifiche per abbassare il numero di giri di inizio carica, in quanto il sistema con cui era avvolto sembrava permetterlo. Riporto qui sotto il lavoro svolto allora, nel caso possa essere utile a qualcuno.
I vari post hanno titoli differenti, secondo l'argomento affrontato o la parte di lavoro eseguito.

I dati di targa dell'alternatore sono:

Tensione 28V
Corrente erogabile di continuo 65A
Corrente massima intermittente 130A

Il collegamento interno delle tre fasi era a triangolo.

Lo statore è quello della foto sotto.

Immagine

Mi spiace di non avere una foto di quando aveva l'avvolgimento, che comunque era carbonizzato e non molto ben visibile. Penso di rimediare a breve, in quanto dovrei aprire anche l'altro.

Le sue caratteristiche fisiche sono:
Diametro esterno 18,6cm
Diametro interno 12,6cm
Altezza del pacco 4,5cm
N° delle cave 48
Profondità delle cave 14mm
Spessore delle espansioni 4mm
Spessore del giogo magnetico esterno 6mm

Il rotore interno ha 16 poli, per cui l'avvolgimento esterno era formato da tre fasi composte ognuna da 8 "ondulazioni", ossia un avvolgimento ondulato invece che avvolto in bobine singole, del passo di tre cave. Ne ho conservato uno che sono riuscito a sfilare intatto, anche se ormai inservibile perché senza isolante, del quale ho la foto:

Immagine

L'ho conservato in quanto utile, nel caso si voglia riavvolgerlo, per fare una forma su cui avvolgere il filo prima di reinserirlo nelle cave, senza dover operare direttamente sullo statore, molto scomodo.
I due terminali di fase sono quei due fili che si vedono sporgere dalla corona sulla ondulazione più vicina all'obiettivo. L'avvolgimento era composto di nove "passaggi" di filo, equivalenti a 9 spire per bobina. Presumo che l'avvolgimento fosse fatto in quel modo per risparmiare una testata per ogni bobina, in modo che il conduttore totale fosse più corto, tanto le teste esterne alla corona magnetica sono inerti e necessarie soltanto per collegare i conduttori rettilinei, in serie tra loro.
Ogni fase era composta però da due di questi avvolgimenti collegati in parallelo, spostati di tre cave, in modo che le teste dell'ondulazione, in ogni fase, fossero una sotto e una sopra la corona. In questo modo si risparmia spazio e si impedisce la "fuga" (dispersione) del campo magnetico dalla parte scoperta.
Mi rendo conto di aver fatto una descrizione un po' complicata, ma è difficile (almeno per me) farne una più semplice.

Foto dell'alternatore. Questa è quella del rotore.

Immagine

Questo invece è l'alternatore completo, chiuso. Il metro da falegname chiuso messo vicino serve per vedere le dimensioni.

Immagine

La parte posteriore, con il regolatore integrato e un condensatore per la soppressione dei disturbi. Dentro si intravede il gruppo raddrizzatore.

Immagine

I due bulloni con passo da 8mm (dadi da 13mm) sono per i capocorda dei cavi d'uscita. Quella di seguito è la foto del rotore visto dalla parte del collettore di eccitazione.

Immagine

Si vedono 8 lobi: sono 8 lobi per il Nord e 8 per il Sud. E' un sedici poli.
Nonostante l'aspetto scuro e la sporcizia il rotore è in perfetto stato, e l'isolamento buono, per cui si può riadoperare. Montato pesa una decina di chili, ma daltronde è una bella sveglia: eroga oltre 3600W di picco!!! Potendolo riadattare per un generatore eolico si potrebbe accoppiare ad un grosso rotore.
Aperto anche l'altro uguale, malandato anche lui ma non bruciato, e spero con due di potercene fare uno buono. Unico neo è che la sede della chiavetta che rende solidale l'asse con la puleggia è spaccata, perciò è inservibile per uso bus, ma a me non importa perché devo comunque adattarci un giunto. E' quello della foto sotto.

Immagine

Come si vede l'ho aperto ed è in condizioni migliori dell'altro. Il rotore è lucido e il collettorino di eccitazione in ottimo stato. La resistenza dell'avvolgimento del rotore è di circa 7 ohm.
A destra si vede lo statore, ancora attaccato al ponte raddrizzatore, con l'avvolgimento a prima vista intatto.
Sarà un problema poter allestire qualcosa per fare le prove, visto che per il momento non ho motovariatori ne banco prova.

E ora per il divertimento di tutti due foto: quella del mio banco da lavoro "quasi" al massimo del disordine.

Immagine

In basso a destra si vedono i lingotti di piombo recuperati da batterie vecchie e possibilmente destinati a nuova batteria (il progetto è tutt'altro che accantonato), più avanti l'alternatore "nuovo" smontato e parte di quello "vecchio", più oltre a fianco della bombola di ossigeno (vuota, sig) una pila di piastre di accumulatore da riciclare, in fondo..... Vedete un po' voi. Quasi in primo piano c'è anche il cartoccio di un trasformatore di un grosso caricabatterie, che vorrei riavvolgere con tensione differente, e che se è di interesse generale potrebbe diventare una nuova discussione sull'argomento trasformatori.
Nella seconda foto si vede una parte dell'antro dell'orso, con gli attrezzi attaccati e parte dell'attrezzatura.
Per il pubblico divertimento. :D

Immagine

Il seguito al prossimo post. ;)
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Schemi e riconnessioni.

Messaggio da Ferrobattuto » 14 dic 2011, 14:27

Ho smontato il gruppo raddrizzatore, separandolo dallo statore. Tra le altre cose il ponte raddrizzatore è composto da 15 autodiodi ad incasso, di notevole potenza, 12 per fornire la corrente all'esterno e 3 per alimentare il rotore.
I terminali delle tre fasi sono composti da quattro fili, come in figura.

Immagine

Dalle prove risulta che le varie bobine singole sono perfettamente isolate tra loro, e a loro volta perfettamente isolate dalla carcassa, perciò lo statore è perfettamente utilizzabile (se non faccio marroni io....). Stesse prove fatte sul rotore, stesso risultato.
Ho trovato con il tester in portata ohm i terminali di ciascuna bobina, che in base a come erano saldati (i mazzetti di quattro fili erano saldati insieme sui terminali del ponte) a formare le fasi, penso di aver capito come erano collegati, e come si possano collegare differentemente.

Immagine

Collegamento originale (a triangolo):

Terminale 1 (fase X) con 10 (fase Y)
Terminale 4 (fase X) con 11 (fase Y)
Terminale 3 (fase X) con 5 (fase Z)
Terminale 2 (fase X) con 7 (fase Z)
Terminale 6 (fase Z) con 9 (fase Y)
Terminale 8 (fase Z) con 12 (fase Y)

Secondo il disegno ricavato:

Immagine

A mio avviso potrebbero essere ricollegati in quest'altro modo:

Immagine

Come avevo già detto, in questo modo risulterebbero in serie e a stella, con moltiplicazione della tensione per 2 e per 1,73 che dovrebbe arrivare, a pieno regime a 97V, oppure ai normali 28V ma ad un regime di giri molto inferiore.
Staremo a vedere, anche se poi alla fine saranno le prove pratiche a determinare i fatti.

Ho rifatto le connessioni dentro l'alternatore e l'ho richiuso.

Immagine

Dopo montato ho provato a farlo girare a mano, e sulle tre fasi, con soltanto il magnetismo residuo del rotore la lancetta del tester si alzava visibilmente. Ora mi sorge un problema: dovrò realizzare un motovariatore, un riduttore di giri per motori a spazzole, perché non ce l'ho che fin'ora non ne ho mai avuto bisogno..... Devo cercare lo schema e montarne uno al volo.

Ho finito di sistemare le connessioni dell'alternatore. Ho recuperato gli isolanti e i tiranti di connessione originali. Questi in origine erano due per i poli + e - più uno per il comando dell'eccitazione esterno (chiave e spia...). Adesso ci ho connesso le tre fasi in alternata. Preferisco mettere il gruppo raddrizzatore esterno, per motivi di manovrabilità ed eventuali misure. Poi nel caso che l'esperimento riuscisse, visto che il tutto girerà più piano e la ventola sarà meno efficace, preferisco che le feritoie del supporto posteriore rimangano libere.

Immagine

Ebbene si, confesso: i tre capicorda piccoli che fissano le fasi sui relativi bulloni li ho fatti io.... Non ho saputo resistere alla tentazione. Poi andarmi a procurare quella roba per me significa cambiarsi, uscire e fare 7Km in macchina andata e ritorno per andare ad acquistarli, con relativa spesa di carburante e perdita di tempo. Comunque mi sembra che siano venuti bene.
Il regolatore elettronico originale è un piccolo monoblocco di materia plastica rigida, che ingloba anche il porta spazzole per le due spazzole di eccitazione, con applicato sopra un grosso integrato metallico, simile ad un grosso transistor di potenza. Quello dell'alternatore precedente, con l'avvolgimento bruciato, era guasto. Ho strappato via l'integrato e collegato alle spazzole due fili esterni, uno nero e uno rosso, per applicare l'eccitazione in modo indipendente.

Immagine

In questo modo potrò fare tutte le prove che voglio, con diverse tensioni, anche se devo ancora procurarmi il motovariatore.
Qui ho finito di fissare il tutto.

Immagine

Ora non rimane altro che fare un "banco prova" di qualche tipo per vedere il regime di carica. Appena possibile aggiungo il resto.

Dunque, con i collegamenti attuali gli ampere non sono più 130 di picco come prima, ma la metà, in quanto gli avvolgimenti che prima erano in parallelo e a triangolo ora sono in serie e a stella. In compenso adesso in teoria, con gli stessi giri di prima dovrebbe dare 97V, che però alla fine sarebbero di più per via del maggiore assorbimento del rotore (che si brucerebbe...), a meno di non prevedere un qualche tipo di regolatore apposta. Così spero mi dia meno tensione ma a molti meno giri.
Al prossimo post. 8-)
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Re: Modifiche dei parametri di un grosso alternatore da auto

Messaggio da maxlinux2000 » 14 dic 2011, 17:43

Complimenti!!! :D

Eccezzionale vedere come ti destreggi nell'elettromeccanica e elettronica in generale. Per il banco prova non potresti adattare provvisoriamente il tornio? o è troppo piccolo/debole?
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Re: Modifiche dei parametri di un grosso alternatore da auto

Messaggio da Ferrobattuto » 14 dic 2011, 18:01

E' piccolo e debole.... Ma se ti ricordi, questa discussione con le sue descrizioni è della fine del 2008, per cui "è già tutto scritto", un po' come il destino..... :D

Continuo con la descrizione.
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Re: Modifiche dei parametri di un grosso alternatore da auto

Messaggio da maxlinux2000 » 14 dic 2011, 18:07

ah!!! già.... è quello che poi hai regalato vero? Non avevo capito che si trattava dello stesso :lol:
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Riduttore di giri per trapano, o motori a spazzole a 230V.

Messaggio da Ferrobattuto » 14 dic 2011, 18:22

Visto che per provarlo non ho un motovariatore e forse nell'immediato non posso procurarmelo, ho pensato di realizzare un regolatore di velocità per motori a spazzole, da abbinare al trapano grande o alla smerigliatrice. Riduttore di giri senza perdita di potenza, così da poter provare in qualche modo l'alternatore, anche se forse non a piena potenza.
E' un aggeggio semplice da fare, in tutto otto componenti elettronici più un interruttore, un potenziometro e il contenitore. Ero già in possesso di tutto il necessario, i componenti elettronici da smontaggio di schede surplus industriali e da televisori, l'interruttore anche, e il contenitore è di un ex convertitore DC-DC bruciato. Penso possa essere utile anche ad altri, che come me non hanno il regolatore di giri incorporato nel trapano, o magari per diminuire i giri della smerigliatrice, così da poterci lucidare la macchina, con tampone apposito e pasta lucidante (consigliarsi col carrozziere..... :D ).
Questo sotto è lo schema.

Immagine

E' stato preso da una ben nota e pluridecennale rivista di elettronica, in un numero di qualche anno fa. Già che ero con le mani in pasta l'ho fatto un po' più potente di quanto mi servisse, tanto l'unico componente di potenza da cambiare era l'SCR, ne ho messo uno da 25A, con contenitore metallico a bullone invece che piatto. E' quello avvitato sull'alettina di alluminio nella foto sotto.

Immagine

Nella foto il montaggio non è ancora finito, mancano tre o quattro connessioni. Lo stampato, come spero si veda dalla foto, non è realizzato con pennarello e bagno acido, ma con la tecnica "arcipelago di isole", ossia dei pezzetti di vetronite ramata incollati con cianoacrilico su un supporto plastico qualsiasi (in questo caso sul retro di un pezzo di vetronite monofaccia usata, di recupero da un altro stampato), su cui saldare i componenti direttamente sul rame. Sistema sbrigativo, con forbici da lattoniere e colla, con cui è facile fare circuiti di potenza, ma con un po' di delicatezza e cautela anche circuiti più complessi e precisi. Sia beninteso che non ho inventato niente, è tutto sulle riviste del settore.
Sotto il congegno finito. Provato e funzionante.

Immagine

Se ne vedono le dimensioni compatte. Provato col trapano: a bassissimi giri ho tentato di fermare il mandrino stringendolo forte con le mani e non ci sono riuscito. Per quel che mi serve va bene. Ora non mi resta che mettere insieme un "banco prova" di qualche tipo.
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Banco di prova e primi test.

Messaggio da Ferrobattuto » 14 dic 2011, 18:30

Ora è quasi tutto pronto, ho realizzato anche qualcosa per provarlo.

Immagine

In realtà è un asse di legno con sopra fissato il trapano, alimentato tramite il riduttore di tensione tipo dimmer, e l'alternatore, collegati da un giunto cardanico.
"Banco Prova"? Mi sembra esagerato..... Prendiamocelo così. Il trapano è fissato usando il collare del manico, un pezzo di barra filettata e qualche rondella. L'alternatore si regge con un morsetto da falegname che tiene il bullone di fissaggio laterale. Il tutto "più o meno" in linea reso solidale da uno snodo cardanico di recupero dal piantone sterzo dell'A112. Ma stanno anche nella panda, nella UNO e nella 127.

Immagine

Il tutto è stato provato e gira liberamente. Sotto si vede bene lo snodo.
Avrei dovuto anche "rifilare" le foto, che si vedono anche tutte le cianfrusaglie in giro per l'officina.....

Immagine

Al trapano ho messo un tratto di tondino di ferro stretto nel giunto e nel mandrino. Si vede bene anche il fissaggio e la levetta del cambio di velocità vicino al mandrino. Il trapano ha due velocità: 440 e 1060 g/min, ma dovrebbe iniziare a caricare molto più in basso.

Immagine

Sotto si vede il sistema di attacco all'asse del generatore. Ho sfruttato il dado, al quale ho appuntato con la saldatrice una rondella e un bulloncino da serrare nello snodo. Niente di eccezionale, però funziona.....

Immagine

Ho fatto girare il tutto e sembra a posto, il trapano gira anche pianissimo e si regola bene, il giunto cardanico non oscilla un granché e sembra tenere.
Ho provato ad eccitare con 24V: con velocità più o meno di un paio di giri al secondo, ossia circa 120 - 150G/m, si hanno 24V alternati in uscita, che raddrizzati in continua, nonostante la caduta nei diodi, dovrebbero essere circa 30V. Ora sorge un'altra difficoltà: non ho modo di misurare i giri con precisione. A occhio (coi giri a bassa velocità un po' me la cavo) avrei detto circa 120, ma poterlo fare con precisione è meglio.
Comunque direi che il lavoro è andato bene: i giri sono scesi e di molto, anche se bisogna eccitare dall'esterno per non attendere troppi giri con l'autoeccitazione, ma se funziona si potrebbe prevedere di eccitarlo ai giri giusti che comincia a caricare, così da non succhiare corrente dalle batterie. Con un sistema elettronico, digitale o analogico che sia, o con un sistema meccanico giroscopico, per forza centrifuga si chiude un interruttore e si eccita, così sarebbe risolto anche il problema dell'avviamento dell'elica con poco vento senza attriti magnetici.
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Smontaggio e recupero dei diodi per l'uso in un ponte nuovo.

Messaggio da Ferrobattuto » 14 dic 2011, 18:46

Ho recuperato i diodi originali, smontandoli dal ponte originale, composto da un supporto di plastica e alcuni sottili dissipatori di alluminio su cui erano incastrati.

Immagine

Con una punta di trapano ho tolto i rivetti che reggevano i dissipatori al supporto di plastica, poi con una lama di sega e una tronchese ho "sbocconcellato" la piastra d'alluminio per estrarre i diodi. A sinistra i resti della piastra.

Immagine

Come si vede sopra hanno il bordo zigrinato per l'incastro, e un reoforo di grosso filo di rame a saldare. Purtroppo le sigle sono sigle industriali, composte solo da numeri, per cui sui datasheet non si possono trovare le caratteristiche. Non le ho trovate nemmeno tramite internet. Comunque sono elettricamente molto robusti, tanto che vengono impiegati spesso anche in grossi caricabatterie, e in qualche caso anche negli starter.
Dal materiale di recupero che mi ingombra la soffitta ho scelto due dissipatori di vecchi alimentatori switching ex computer, una striscia di vetronite ex circuito stampato, pulita dal rame passandola nell'acido, viti, dadi, rondelle, distanziatori ecc.

Immagine

Nella foto sotto ho forato i dissipatori, poi tagliato e forato la vetronite.

Immagine

Il bordo zigrinato dei diodi è da 12,7mm. I fori nel dissipatore da 12,5, in modo che vadano forzati.
Nei barattoli c'è la minuteria, e nel primo a sinistra dietro la piastrina di vetronite diodi di recupero.
In mancanza di meglio si possono pressare di nuovo i diodi nel nuovo dissipatore con la morsa, un pezzo di tubo e un punzone (e molta attenzione).

Immagine

Spero si riesca a vedere. Mi spiace che la foto non è molto chiara. Comunque in quella sotto sotto si vede il prodotto quasi finito. Dopo la "pressatura" nei fori li ho provati con i tester con una portata in ohm molto alta, e sono risultati integri.

Immagine

Le tre striscioline di lamierino di rame serviranno per connettere le tre fasi alternate alle tre coppie di diodi. Dai dissipatori si preleverà la corrente continua, il polo + da uno e il - dall'altro. Ovviamente su uno ci sono i diodi a conduzione diretta, sull'altro quelli a polarità inversa. Ho usato soltanto 6 diodi invece che gli originali 12 in quanto l'alternatore così riconnesso potrà erogare al massimo la metà della corrente di prima, anche se ad un numero di giri molto inferiore.

Immagine

Ho montato le due strisce di vetronite, su cui ho bloccato le tre bandelle di rame, infilate sui reofori dei diodi e saldate a stagno ai tre bulloncini di bloccaggio, ai quali andranno collegate le tre fasi dell'alternatore. I reofori dei diodi li salderò per ultimi, nel caso debba rismontare qualcosa. In ultimo andranno collegati i diodi più piccoli per l'alimentazione del rotore.
Sotto, tra le due strisce di vetronite, separate da distanziali, si vede il modo di bloccaggio.

Immagine

Montato in questo modo risulta molto rigido e solido. I due dissipatori sono abbondanti, anche per il funzionamento a pieno regime in continuità. Il risultato è un ponte raddrizzatore trifase a doppia semionda, con portata continua di 35A almeno, e 70A di picco. Qualcuno potrebbe obiettare che si potevano comprare due ponti monofasi del commercio ed usarne uno e mezzo. A me questa soluzione piace di più, non ho speso soldi, ho recuperato il materiale "di scarto" e..... Mi sono divertito di più.
Sui lati dei dissipatori ci sono i due bulloni da cui prelevare la corrente continua, un lato per il polo positivo e l'altro per il negativo. In realtà questo ponte potrebbe essere usato anche per altri alternatori o per altre prove, purché nei parametri di corrente e tensione massimi sopportati dai diodi.

Aggiungo un altro paio d'immagini del ponte. Nella foto sotto è completo, ho aggiunto altri 6 diodi più piccoli per alimentare il rotore.

Immagine

Dall'ingresso trifase partono verso le due striscette di rame laterali, una per il + e l'altra per il -, con due bulloncini da 4mm di ottone da cui prelevare la corrente di eccitazione del rotore.
In questo modo è diventato un doppio ponte trifase a doppia semionda, la parte di potenza, coi diodi ad incasso, serve a caricare le batterie, mentre gli altri sono di eccitazione. L'avvolgimento di eccitazione ha una resistenza di circa 7 Ohm per cui assorbirà al massimo 3 o 4A. I diodi che lo alimentano sono da 6A e perciò sufficienti.
Come si vede sotto ho collegato i tre cavi che escono dall'alternatore.

Immagine

Quei piccoli capicorda li sono fatti a "bandierina", per essere più compatti. Solito sistema del lamierino di rame piegato, forato e saldato.

Segue sul prossimo post.
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Prima prova di carica.

Messaggio da Ferrobattuto » 14 dic 2011, 18:58

Ho finito di caricare due vecchie batterie, che però sono proprio spompate e non assorbono molta corrente. Ho anche connesso il ponte all'alternatore e al rotore. Come si vede sotto.

Immagine

Qui sotto una panoramica dei collegamenti: la batteria di destra ha un triangolino rosso vicino al polo + , da li il cavo va al positivo del ponte raddrizzatore, mentre il cavo negativo della seconda batteria "passa" per un amperometro da pannello da 25A fondo scala, prima di riconnettersi al polo - dell'alternatore. Tester per misurare la tensione e riduttore di giri per il trapano.

Immagine

Sotto si vede da un'altra angolazione, l'amperometro e il resto.

Immagine

Ho effettuato anche una prova un po' "sui generis": facendo girare il trapano a velocità via via più forte ho notato che ad un certo punto l'alternatore si eccitava, rallentando e andando sotto carico, mentre l'amperometro saliva di colpo. Poi anche riscendendo di giri seguitava a caricare un po' meno, ma rimaneva eccitato, fino a riscendere sotto la tensione di batteria che allora si diseccitava e ricominciava il ciclo. Penso succeda questo: autoeccitandosi con il magnetismo residuo occorrono più giri per raggiungere la tensione di sbarramento dei diodi (circa un paio di volt...) dopodiché i diodi conducono, il rotore assorbe e la tensione sale di colpo a valori "normali", poi una volta innescato il fenomeno la tensione rimane sufficiente anche a giri più bassi, almeno fino a che i giri sono così bassi da non riuscire a superare la tensione della batteria, per cui il ponte cessa di condurre e non viene erogata alcuna corrente, anche perché il trapano è da soli 650W e per arrivare a 10A va molto sotto sforzo. Il tutto avviene comunque ad un numero di giri molto basso, che però per adesso non ho modo di misurare.
Vorrei provare ad aggiungere la "spia", ossia quella piccola lampadina che si spegne sul cruscotto quando l'alternatore carica, che poi sugli autoveicoli è in effetti quella che da l'avvio all'eccitazione. E' inserita tra la chiave di accensione, ossia il positivo della batteria, e il positivo del rotore. Una lampada da 3W, che a 24V sono 125mA.

In realtà mi sono accorto di essere stato poco chiaro.....

CITAZIONE
.....in teoria potrebbe funzionare anche a scatti se ce' poco vento.....

CITAZIONE
Poi anche riscendendo di giri seguitava a caricare un po' meno, ma rimaneva eccitato, fino a riscendere sotto la tensione di batteria che allora si diseccitava e ricominciava il ciclo.

Questo da l'idea che sia un sistema ciclico, e in realtà potrebbe anche essere se c'è veramente pochissimo vento, ma una volta eccitato l'alternatore rimane eccitato, finché la tensione nello statore non scende sotto quei fatidici 2Volt.... Il che significa rotore praticamente fermo. Certamente se si ferma poi il tutto deve ripartire da capo. Però non va bene che per eccitarsi prima debba salire un bel po' di giri, sarebbe meglio che iniziasse a caricare direttamente a quel regime in cui una volta eccitato produce 24V. Per far questo ci vuole una "spintarella" che nell'impianto dell'autoveicolo è data dalla spia sul cruscotto, pochi milliampere che però iniziano ad alimentare il rotore. Resta da vedere se questo si può fare anche in un impianto eolico e se è sostenibile dalle batterie.
Devo buttare giù qualche schema e fare qualche prova.
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Modifica dello schema del circuito di eccitazione.

Messaggio da Ferrobattuto » 14 dic 2011, 19:11

Sono stato a fare altre prove, senza preoccuparmi troppo sulla precisione del numero di giri, al momento non è importante, ne sulla quantità di corrente erogata, che tanto il mio trapano quell'alternatore non riuscirà a spremerlo mai. Purtroppo col sistema di eccitazione che ho adottato adesso non è possibile inserire la spia, in quanto lo schema originale è piuttosto diverso, è quello nel disegno qui sotto.

Immagine

In questo schema si vede come il primo impulso a caricare venga dato dalla spia sul cruscotto, tramite la chiave di accensione, poi quando l'alternatore carica la spia si viene a trovate tra "due positivi" (quello della batteria e quello del gruppetto raddrizzatore di eccitazione) e si spegne per mancanza di circolazione della corrente. Sono soltanto 120 - 150mA, che però sono decisivi per abbassare il numero di giri d'inizio carica. Lo schema attuale invece è nella figura sotto.

Immagine

In pratica l'avvolgimento di eccitazione del rotore viene servito da un ponte separato, di diodi più piccoli, per cui l'inizio carica viene lasciato alla mercè del solo magnetismo residuo del ferro rotorico, che pur se di acciaio pieno è comunque un magnetismo piuttosto leggero. Come risultato si ha che per superare la tensione di conduzione del ponte deve salire troppo di giri, ben sopra al successivo regime di carica, per cui inizia a caricare di colpo, con un bel contraccolpo sul motore del trapano e un bel colpo di corrente sulle batterie. Con questo schema non è possibile inserire la spia come in quello precedente, perché per la presenza dei diodi negativi del ponte principale la corrente non scorre (basta seguire il verso della corrente nei diodi....). Si dovrebbero mettere due spie, come nello schema successivo, di metà tensione e metà potenza ciascuna, anche se un po' più di corrente non può che migliorarne il funzionamento. Una delle due spie potrebbe essere anche sostituita con una resistenza di valore tale da assorbire la stessa corrente di una delle due lampadine.

Immagine

Ho preferito alimentare il rotore con un ponte a doppia semionda, invece che con soli tre diodi come nello schema primitivo, perché dovendo funzionare a bassissimo numero di giri in questo modo la forma dell'onda della corrente indotta migliora, con meno armoniche e più corrente di eccitazione. Nulla vieta in questo modo di mettere in parallelo all'avvolgimento del rotore un bel condensatore elettrolitico di grande capacità che ne migliori le prestazioni.
Penso si dovrà prevedere in serie alla spia sul positivo un interruttore, pilotato in qualche modo dal numero di giri, che faccia la funzione della chiave di accensione, in modo da evitare che a generatore fermo o a giri troppo bassi si limiti a scaricare corrente invece di produrne, ma a questo si penserà nel momento di metterlo in funzione.
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Ultimi test, considerazioni finali e riassunto dei vari pass

Messaggio da Ferrobattuto » 14 dic 2011, 19:33

Ho fatto le ultime prove sull'alternatore. Anche se un po' empiriche almeno per me sono soddisfacenti.
Ho collegato quelle due famose spie, come avevo spiegato nell'ultimo schema, e si è verificato quanto pensavo. L'alternatore ha un minimo di eccitazione e comincia a caricare subito, appena i giri sono tali che l'induzione magnetica "normale" (e non il magnetismo residuo del rotore) consenta di arrivare alla tensione delle batterie. Sotto la foto dell'alternatore fermo con le spie accese.

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Sembrano due lampadine per l'albero di Natale..... In realtà sono due lampadine gialle ex frecce laterali, da 3W l'una, in totale 0,25A di consumo, ossia 6W a 24V. Più piccole non ne avevo, ma credo che anche con meno corrente il sistema funzioni ugualmente bene, tanto servono soltanto per un minimo di eccitazione iniziale. 125mA (3W a 24V) dovrebbero bastare.
Sotto le due spie quasi spente, ad un numero di giri prossimo al regime di inizio carica, un centinaio di giri al minuto circa.

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Purtroppo non ho potuto rimediare un contagiri meccanico. Comunque pochi giri più in alto, stima ad occhio intorno ai 120 - 140 G/min, inizia ad erogare corrente, e intorno ai 180 circa carica tranquillamente 7 - 8A, come si vede nella foto sotto.

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E' un grosso amperometro da pannello, un po' "duro d'orecchi", infatti la prima tacca è a 5A. A quel punto il tutto gira a circa 200G/min, e più forte di così il mio trapano non riesce a farlo girare, anche escludendo il regolatore di giri, tanto è vero che alla fine era anche un po' "sudato", scottava insomma.

Per quel che mi riguarda l'esperimento è riuscito. Soltanto modificando le connessioni di un generatore da autobus di quel tipo si è riusciti ad abbassarne il regime di inizio carica ad un punto che è possibile connetterlo direttamente ad un rotore eolico, senza interposizione di moltiplicatori di giri.
Alcuni problemi rimangono aperti: come dare corrente al circuito di eccitazione all'esatto numero di giri, in modo da non lasciare le due "spie" sempre accese anche a basso numero di giri o con generatore fermo (1). Servirà poi un regolatore di qualche tipo, giacché variandone le connessioni interne la corrente di carica si è ridotta dagli originali 65 - 130A, a 15 - 20A continui e 35 - 40A massimi. Presumo che il raffreddamento non sia un problema, visto che deve stare all'esterno e non calettato su un grosso motore a combustione interna, ma comunque si può provvedere facilmente.
Chiunque abbia la possibilità reperire un alternatore di questo tipo può provare la modifica, e immagino che accontentandosi di soli 12V il regime di inizio carica sia veramente bassissimo, anche se la potenza ottenibile si riduce ovviamente della metà. Io non sono interessato ad una tensione così bassa, perciò non ho fatto prove in tal senso.



Provo a riassumere quanto ho fatto in poche parole:
Sono venuto in possesso di un alternatore di autobus di grossa potenza: 28V - 65A continui - 130A di picco in servizio discontinuo. Regime di inizio carica credo intorno ai 600 - 800g/min.
Prevedendo di farlo funzionare con un rotore eolico, e perciò a basso numero di giri, necessita di una modifica alle connessioni degli avvolgimenti.
Aperto, ho constatato che era un trifase con collegamento a triangolo. Ogni fase era composta di due avvolgimenti paralleli, fatti con filo relativamente sottile rispetto al massimo possibile, per avere miglior riempimento delle cave dello statore. Insomma come se avessero preso due fili e li avessero avvolti insieme.
In totale sei bobine, collegate in parallelo due a due e connesse a triangolo Come nel primo schema. Già spostando i collegamenti da triangolo a stella si moltiplica la tensione per 1,73 (ma si divide la corrente per lo stesso numero, perché la potenza rimane invariata), poi mettendo le due bobine per fase in serie invece che in parallelo, si moltiplica ulteriormente la tensione per 2.
In totale 1,73 x 2 = 3,46 che moltiplicato per 28V fa 97V.
Questo al regime regolare di funzionamento. Ma a noi servono 24V per caricare le batterie, per cui si ottengono a regime molto più basso, difatti con i nuovi collegamenti si avevano 24V con un regime di poco superiore ai 100 - 120g/min.
Naturalmente a questo punto si deve dividere la corrente per 3,46, ossia si potrà chiedere al generatore circa 20A continui e 40 di picco. In realtà non ho avuto modo di provarlo sotto carico per molto tempo, visto che per azionarlo avevo soltanto il mio vecchio trapano, non abbastanza potente, per cui non so dire di preciso cosa succeda con un forte carico continuo, anche se spero di provarlo in un prossimo futuro. Ora eroga a basso numero di giri 22A su 28V ossia poco più di 600W in regime continuo, e il doppio su regime intermittente.
Questo il riassunto.

(1) Tempo dopo eseguite tutte queste prove, Effeci2 mi diede l'idea che per l'inizio dell'eccitazione, invece di un interruttore centrifugo o un circuito elettronico, si potesse usare un piccolissimo generatore a magneti permanenti, anche una piccola "dinamo da bici", che desse il primo impulso di corrente appena avviato il rotore dal vento (questo per uso eolico.....), in modo da non consumare corrente dalle batterie per l'eccitazione.

E ancora: nessuno vieta di usarlo ai normali regimi di rotazione, traendone 97V, ma anche più, però in questo caso si deve trovare il modo di limitare la tensione di eccitazione al rotore ai normali 24-28V di funzionamento, altrimenti si rischia di bruciarlo.

In ultimo: fare un lavoro del genere conviene soltanto se si può recuperare un alternatore così senza spendere, perché pensare di comprarlo nuovo e modificarlo, visti i prezzi, non conviene. Si compra direttamente uno per eolico di grande potenza.

Resto a disposizione per qualsiasi domanda, ma anche per eventuali suggerimenti. ;) :D
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Re: Modifiche dei parametri di un grosso alternatore da auto

Messaggio da mastrovetraio » 1 apr 2013, 19:10

Ho due domande. Nel web ho visto sostituire le bobine di eccitazione con magneti permanenti. Mi sai dire pregi/difetti di questa soluzione? Poi ho visto che si passa da 150 Amp. a 20/30 Amp. Ma questo è dovuto solo dal n. di giri e dalle nuove connessioni, o è anche dovuto all'amperaggio di partenza ? Ovvero se si partiva da un alternatore da 24V/60 A che succedeva? Dimenticavo, grazie per ciò che hai pubblicato e per il modo in cui lo hai fatto. Si chiama altruismo. Tanto di cappello.

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Re: Modifiche dei parametri di un grosso alternatore da auto

Messaggio da Ferrobattuto » 1 apr 2013, 21:59

mastrovetraio ha scritto:Ho due domande. Nel web ho visto sostituire le bobine di eccitazione con magneti permanenti. Mi sai dire pregi/difetti di questa soluzione?

Il pregio è che si comincia a caricare "subito", e probabilmente ad un numero di giri inferiore, in quanto trattandosi di magnete permanente il campo magnetico è sempre "al massimo". Il lavoro va fatto bene e in un certo modo, altrimenti si vanifica questo pregio, ma se ne riparlerà nel caso si debba fare, che è un po' lungo da spiegare.
Un altro pregio è che non si "consuma" niente, non ci sono spazzole ne collettore di qualsivoglia tipo, per cui la manutenzione periodica si limita a due pompate di grasso ai cuscinetti ogni tanto.
Un difetto potrebbe essere che i "poli" del rotore potrebbero "incollarsi" davanti le espansioni dei lamierini dello statore, per via della forte attrazione, ma questo con rotori eolici di alcuni tipi, che hanno forti coppie meccaniche, il problema potrebbe essere ininfluente.
Un altro problema è che forse è difficile trovare magneti al neodimio di forma anulare, probabilmente si dovrebbero far fare. Di quella forma si trovano in ferrite, negli altoparlanti, ma non conviene usarli perché meno potenti. Se ci si deve metter mano meglio farlo per bene..... ;)
Un ulteriore problema è che si dovrebbe prevedere un regolatore adatto e un freno di qualche tipo, che un alternatore fatto così carica come un dannato, e avendo il nucleo di ferro, per diversi motivi non lo si può mettere in corto come i "soliti" piggot: rischieresti di vederlo andare a fuoco. (woot)

Poi ho visto che si passa da 150 Amp. a 20/30 Amp. Ma questo è dovuto solo dal n. di giri e dalle nuove connessioni, o è anche dovuto all'amperaggio di partenza ? Ovvero se si partiva da un alternatore da 24V/60 A che succedeva?


Quell'alternatore è già da 65A.... :) I 130A sono di picco per brevi periodi, come in caso di avviamento difficoltoso e poi batterie scariche.
La riduzione di amperaggio è dovuta al fatto che mentre prima i fili doppi che componevano gli avvolgimenti erano collegati in parallelo, dopo la modifica sono collegati in serie, ossia dimezza la sezione e raddoppia la lunghezza del filo. In questo modo hai meno sezione in cui far passare la corrente, e il doppio della resistenza elettrica in cui dissipare corrente in calore. La "densità" di corrente, ossia gli Ampere/millimetroquadro, debbono rimanere gli stessi, pena surriscaldamenti.
Inizia a caricare a minor numero di giri proprio perché con gli avvlgimenti in serie (e a stella invece che a triangolo.....) si sono raddoppiate le spire. La tensione prodotta è proporzionale al numero di giri, al numero di spire e all'intensità del campo magnetico, lasciando quest'ultimo invariato, col raddoppio delle spire si ha la stessa tensione con meno giri. Oppure tensione molto più alta con uguale numero di giri.

Dimenticavo, grazie per ciò che hai pubblicato e per il modo in cui lo hai fatto. Si chiama altruismo. Tanto di cappello.


Rientra in quel discorso che facevi tu: "quando sarò morto si perderà tutto"..... Io "racconto" quello che so o che so fare, nella speranza che qualcuno raccolga (e fin'ora ho avuto diverse soddisfazioni :D ) e non vada perso, anche se poi, come diceva una mia carissima amica insegnante, "A nessuno si può insegnare niente di più di quanto non sia predisposto ad apprendere".
Ma lei lo diceva per tutt'altro argomento..... ;)
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Re: Modifiche dei parametri di un grosso alternatore da auto

Messaggio da mastrovetraio » 3 apr 2013, 12:27

Ho guardato quel forum, accidenti che mani d’oro. Ma devo capire le cose alla mia maniera, con la mia logica. Altrimenti è come fossi cieco. Allora, qualunque assieme di pale, sia ad asse orizzontale che verticale, ha una sua curva di potenza ed una curva di coppia. Se l’asse è orizzontale e se la “solidità” è bassa avremo la coppia massima quasi coincidente con il max numero di giri e con la massima potenza. Al di là di questo N° di giri le due curve si abbassano, e si può arrivare alla cavitazione ed alla risonanza delle pale, oltre che a forze centrifughe di entità superiore alla resistenza dei materiali. E le pale esplodono. Per i sistemi ad asse verticale dipende. Se è tipo Darrieus grosso modo rientra nei parametri già detti. Se invece parliamo di Savonius o similari abbiamo grande coppia (momento torcente) a bassi giri che scende man mano che i giri aumentano fino a che avremo giri massimi e massima potenza. Al di là di questi giri si va in cavitazione ecc. Quello che non riesco a comprendere (non capisco un’H di elettrotecnica) è come interfacciare correttamente un Alternatore a magneti permanenti ad un Savonius o similare. Non so come sia la curva di potenza (dell’alternatore). Così a “naso” sono portato a pensare che la soluzione migliore (ipotizzando un sistema da 2 Kw) sia usare 4 alternatori da 500 Watt da accoppiare uno dopo l’altro a seconda della potenza momentanea delle pale. Mi illumini?
Spero di non aver scritto bestialità.

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Re: Modifiche dei parametri di un grosso alternatore da auto

Messaggio da Ferrobattuto » 3 apr 2013, 13:55

No, non conviene mai mettere più generatori, conviene sempre metterne uno della potenza massima, ovviamente rispettando certi parametri.
Per quel che riguarda questo alternatore quì sopra, e qualsiasi altro alternatore "di ferro", ossia con nucleo, richiede sicuramente un regolatore di qualche tipo che ne limiti la tensione massima e perciò anche la corrente, poi naturalmente in un asse orizzontale anche un sistema di frenatura che interviene sopra ad un massimo di giri. In generale i rotori ad asse verticale fanno molti meno giri e il problema è meno sentito.
Per quel che riguarda i Piggot invece il sistema di regolazione può limitarsi ad una semplice aggiunta di un carico in parallelo, che assorba la corrente di troppo limitando perciò anche la tensione sulle batterie. Questo perché non avendo nucleo di ferro, necessitano di molte più spire di rame per arrivare alle stesse tensioni, e questo ne aumenta di molto la resistenza interna. E' un po' come se la resistenza aggiuntiva fosse incorporata dentro il generatore...... Infatti quasi sempre per "frenare" un rotore con generatore Piggot, basta metterlo in corto prima del ponte raddrizzatore.
Inoltre, non essendoci nuclei di materiale ferromagnetico all'interno degli avvolgimenti, il flusso magnetico viaggia "in aria", per cui raggiunta una certa potenza che richiede una forte corrente circolante nella bobina, il "flusso inverso" che si genera nell'avvolgimento ne devìa il flusso dei magneti all'esterno, limitando automaticamente le correnti indotte.
Spero di essere stato chiaro e comprensibile, ma non c'è modo di spiegarlo in altra maniera..... O almeno non ne conosco.

Se hai già un progetto sperimentato e funzionante, fare un Piggot è facilissimo, come avrai visto dai disegni e dalle foto. Per il rotore è un altro paio di maniche....
Se invece non hai un progetto già fatto, allora ti tocca sperimentare almeno due o tre tipi di avvolgimenti, prima di arrivare alla versione definitiva.

Come per ogni altro tipo di alternatore, anche per il Piggot se deve funzionare a numero di giri più basso si deve aumentarne le spire per ogni bobina, se invece a numero di giri più alto si diminuiscono, ma difficilmente, in quanto più in basso carica e meglioè..... ;)
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