Vademecum batterie. - Accumulatori

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Messaggio da Hal9000 » 18 ott 2013, 16:29

Data originale: 28/10/2009, 16:43

Passo numero 4 - Manutenzione ordinaria degli accumulatori al piombo:

Per manutenzione ordinaria si intende la manutenzione “normale” periodica che si fa in caso di efficienza dell’impianto.

La prima operazione semplice di normale manutenzione è il controllo del livello dell’elettrolito. Se il livello è basso si rabbocca fino al livello massimo, generalmente indicato sul fianco della batteria con una linea, insieme ad una linea più bassa che segna il livello minimo.
Non conviene oltrepassare la linea di livello massimo, si rischia di provocare travasi o trasudamenti di elettrolito acido, che possono provocare corrosioni agli oggetti esterni.
Il rabbocco si fa con acqua distillata, o al limite con acqua “demineralizzata”, pena la formazione sul lungo termine di solfati (normalmente di calcio) estranei e deleteri per il normale funzionamento. Non usare acqua “deionizzata” in vendita per i ferri da stiro, contiene comunque residui di sali estranei.

Un altro controllo da fare, sul lungo termine in caso di funzionamento regolare, è la densità dell’elettrolito. Si misura con uno strumento che si chiama “densimetro”, che misura il peso specifico della miscela acqua-acido, costituito da un corpo di vetro trasparente con un galleggiante graduato dentro. Alcuni tipi di densimetro hanno la scala realizzata con semplici colori, che indicano la densità in modo generico come sufficiente e insufficiente, mentre altri, da preferire, hanno la scala graduata in grammi (o chilogrammi) per litro. Questi indicano la densità con precisione e consentono di controllarne periodicamente le variazioni, che possono indicare sia lo stato di carica che l’eventuale solfatazione delle piastre.
La densità va misurata con elettrolito “riposato”, ossia dopo almeno un paio d’ore che sia stato rabboccato il livello e in assenza di bolle di gas che ne falsino il peso specifico, con temperatura quanto più possibile simile a quella ambiente.
La temperatura dell’elettrolito non deve superare mai i 55°C, pena l’aumento di aggressività dell’acido e la corrosione delle piastre, infatti nel caso di batterie in uso in clima tropicale, la densità deve essere diminuita almeno di 50g/L.
La densità di un accumulatore per auto in buono stato deve essere non meno di 1280 g/L a batteria carica e di 1150g/L a batteria scarica. Densità maggiori sono troppo aggressive e densità minori sono insufficienti, oppure su batterie “anziane” indice di solfatazione.
Invece la densità negli accumulatori stazionari, destinati a lungo funzionamento con correnti molto più basse e senza forti spunti, è generalmente più bassa di quelle da avviamento, proprio per evitare il più possibile corrosioni a lungo termine.

Un’altra operazione che si può effettuare è il controllo dello stato dei morsetti e dei cavi di collegamento. Debbono risultare puliti, senza segni di efflorescenze di sali metallici o di corrosioni. I sali che si formano normalmente sono solfati dei metalli impiegati, generalmente solfato di rame, azzurro, o di ferro, giallastro, o di zinco, di solito bianco. Sono tutti solubili, perciò si lavano semplicemente con acqua pulita e si spazzolano con una spazzola di ferro. Poi vanno protetti con qualcosa che impedisca il contatto con l’elettrolito o con i gas che si sprigionano durante la carica. Molto semplicemente si cospargono di vaselina, o di un grasso impermeabile e abbastanza consistente, altrimenti si possono verniciare con vernici protettive per metalli, o ancora semplicemente con bitume o catrame sciolto con un diluente (anche benzina….) fino alla consistenza di una vernice. Il catrame si asciuga e forma uno strato protettivo contro l’aria o i gas.
Le superfici interne dei morsetti, quelle esterne dei poli, la superficie di contatto dei capocorda che terminano i cavi debbono essere pulite, e verniciate o protette solo dopo il montaggio. Dopo la protezione controllare che non ci siano superfici metalliche scoperte.


Modificato da Hal9000 - 30/10/2009, 09:41

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Messaggio da Hal9000 » 18 ott 2013, 16:29

Passo numero 3 - Desolfatazione:


LA DESOLFATAZIONE

La DESOLFATAZIONE è un processo chimico inverso rispetto alla classica SOLFATAZIONE che ricordo è il risultato di continue cariche scariche di un’accumulatore al piombo.
L’acido contenuto nell’elettrolita si cristallizza sulle piastre che non essendo una superficie liscia ma spugnosa quindi oltre che superficialmente è anche un processo interno che nel tempo causa e favorisce il distaccamento della pasta dalle piastre stessa.
Col tempo ci troveremo con accumulatori che via via faranno sempre più fatica a caricarsi fino alla completa perdita della capacita in seguito ad indurimento della batteria stessa.
Ho usato il termine indurimento apposta per far capire il concetto,in quanto man mano che la solfatazione avanza vi è sempre meno superficie a disposizione delle reazioni chimiche,e questo fa scendere inesorabilmente le prestazioni.
E’ come se le piastre fossero aggredite da una sorta di calcare che ingloba completamente La superficie disponibile fino all’esaurimento totale.
Molti gettano le batterie pensando che non vi sia più niente da fare,in realtà c’è una possibilità di recuperare la situazione.
Il solfato come si forma si può anche far regredire,è un percorso che non si compie in poco tempo,ci vogliono anche delle settimane,ma in base agli utilizzi che dovremmo farne potremmo anche non dover supervisionare questo processo,specialmente se questo deve essere fatto montando un deslofatatore su un veicolo che si usa spesso ci si accorgerà dopo un po di tempo dal maggior spunto in accensione della batteria (dipende dalla solfatazione presente e da quanto il desolfatatore rimane in funzione)


Un esempio visto al microscopio su come dovrebbe essere la superfice perfettamente ok di una piastra:



Questo succede dopo un po di tempo con un'utilizzo normale:



Qui la piastra comincia a soffrire del formarsi dei cristalli di solfato che anche sotto cariche spinte non riescono più a sciogliersi determinando un'abbassamento della densita dell'elettrolita e una scarsa superfice disponibile alle reazioni chimiche:



Questo invece dopo un trattamento con il desolfatatore in questione,in questo caso le foto sono prese dal sito NOVITEC



Qui invece delle piastre positive che strutturalmente erano ancora perfette,ma a causa della solfatazione sono state rese inservibili:



In pratica questo è quello che si vede ad occhio nudo,la sequenza indica una cella prima durante e dopo il processo di desolfatazione:

fotovademecum.rotated.png
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Come si può ben vedere è un processo graduale,in media per un buon risultato parziale ci vogliono 10gg filati di trattamento,nel mio caso specifico ho allestito una piccola stazione fotovoltaica con 90Wp e un regolatore steca di quelli base,che non effettuano equalizzazioni,cosi il megapulse lavora tranquillo senza l'intervento della rete enel.

desolfatoredolomitico.png
desolfatoredolomitico.png (529.73 KiB) Visto 27418 volte


Non è necessario a tutti un sistema simile,se si devono desolfatare batterie fino a 100A è sufficente molto meno,io lo uso con batterie da 45 a 200A quindi mi serve una certa potenza.

I COLLEGAMENTI E INIZIO:



Qui dipende da che strumentazione si ha a disposizione,io uso i pannelli,ma non mi manca certo un caricabatterie convenzionale.
Il procedimento classico è collegare il caricabatterie alla batteria,la differenza è che in aggiunta vi si mette anche il desolfatatore che si intende usare.
Ci sono solitamente 2 fili,uno rosso e uno nero,una volta collegato tutto basta accendere e si vedrà il led del desolfatatore accendersi,ora basta lasciarlo lavorare.
Su batterie molto scariche è possibile che non si veda neanche muoversi l'amperometro,ricordo che è una questione di chimica e non di forza bruta.
La prima fase è di ammorbidire il solfato,poi col tempodiciamo dopo un paio d'ore si dovrebbe vedere la lancetta cominciare a dare dei colpetti di assorbimento,e continuera cosi in una sorta di oscillazzioni continue.
Si consiglia di annotare la densita dell'elettrolito per ogni cella per capire come sta la situazione,cosi in seguito si capira se il processo si sviluppa su tutte le celle oppure se su qualche cella vi sono problemi tipo corti o altro.
Io uso 2 caricabatterie uno picccolo da 1/2 ampere e l'altro da 9 Ampere,questo perchè è uno spreco lasciarne uno grosso collegato per 2 settimane per fare un minimo lavoro che uno più piccolo fa egregiamente.
Questo succede perchè dopo la prima parte che assorbe pochi ampere si può passare alla seconda che vi è un maggiore assorbimento per poi arrivare all'ultima fase che la richiesta di ampere è di nuovo minima e basta un caricabatterie di dimensioni minori.
Per farla breve gli dò gli ampere che gli servono nel momento che gli servono con lo strumento più opportuno.


I DESOLFATATORI:

Che ne conosco io ve ne sono di 2 tipi:

Uno a frequenza variabile da 6 a 8 Khz con impulsi da 1.6 Ampere questo è il funzionamento del Megapulse.

L’altro a impulsi da 80 o 200 Ampere ogni tanti secondi di intervallo,di questi ne ho provato 2 tipi,anche se devo provarli più a fondo.

Il Megapulse



è indicato per tutti i tipi di accumulatori a 12 Volt di qualsiasi genere che sia al gel o tubolare a piastre piane o Plantè,non ha controindicazioni,è progettato per un’uso automobilistico,e per questo ha un regolatore di soglia che lo fa spegnere non appena la tensione scende sotto i 12.9 Volt,anche se i modelli piu vecchi si accendevano superando i 13.4Volt,questo per preservare la carica dell’accumulatore in caso di lunghe soste senza ricarica.
E’ la Ferrari dei desolfatatori,ho recuperato anche batterie scariche completamente,a patto ovviamente che la causa sia la sola solfatazione,nel caso di USURA-CORTOCIRCUITI-DANNI INTERNI-o qualsiasi causa non comprenda la sola solfatazione il desolfatatore non vi può far nulla.
I casi di maggior successo sono le batterie da moto al primo posto,che muoiono proprio durante l’inverno,poi seguite da trattori o mezzi il cui utilizzo è molto saltuario e soffrono molto le lunghe soste in parcheggio,poi seguono le batterie da avviamento,ma gia qui la percentuale di successo varia molto da caso a caso. E per ultime le batterie da camion,che sono la pecora nera,nel senso che difficilmente se ne trova una rigenerabile,la maggior parte sono distrutte.

PS: Attenzione il Megapulse in caso di utilizzi con impianti fotovoltaici soffre molto le equalizzazioni periodiche,tanto da rovinarlo irreparabilmente e possibile anche che rovini la batteria stessa,questo succede solo con batterie a liquido,per le gel questo non succede in quanto se il regolatore è impostato correttamente non effettuano questa funzione.

I desolfatatori a impulsi:



sono i più indicati nell’uso con batterie stazionarie,in quanto supportano in genere sia i voltaggi fino a 15 Volt che il doppio voltaggio di 12 e 24 Volt,questi almeno le versioni che ho provato,si limitano a sparare un’impulso di 80 A oppure 200 Ampere per una frazione di secondo ripetuta ogni tot secondi,questo intervallo dipende se la batteria è in carica oppure no.
La particolarità di questi desolfatatori è che funzionano anche senza alimentazione esterna, quindi funzionano non stop.
Ovviamente sotto un certo livello di scarica si dovrebbero fermare,però è meglio controllare le istruzioni per maggiore sicurezza.

Dipende se si deve semplicemente "mantenere" una batteria in salute oppure tentare una rigenerazione completa,in questo ultimo caso il megapulse è la Ferrari dei desolfatatori,se non ce la fa lui non ci sono molte speranze.

Ho trovato anche una versione mini di desolfatatore che è questa:


Anche se è stato concepito per batterie che stanno in deposito ferme io l'ho usato per desolfatarne una da 200A incrociandolo con il megapulse e devo dire che anche se è piu debole per il fatto che ha impuli di "soli" 80A rispetto all' "aktivator" che arriva a ben 200A è riuscito a fare parte del lavoro,momentaneamente lo uso per batterie piccole,quelle da 45A fino a 100,è un mantenitore di efficenza,poi con i sui led a semaforo fa anche un bell'effetto visivo.


IMPORTANTE:
questa guida non intende fare pubblicita a nessun prodotto commerciale,l'obbiettivo è confrontare dei prodotti esistenti valorizzando quelli che possono aiutarci a migliorarci la vita o a salvaguardare l'ambiente.



Dolomitico

Aggiornamento del 22/10/2013

In merito alle batterie al GEL/AGM ho sorìperto in seguito che cè un modo per equalizzarle,non alzando la tensione come sulle altre a liquido,ma bensì tenendole in carica per parecchie ore,24 ore credo che bastino.
Non cè scritto su tutte le batterie,ma sulle ultime che ho preso c'era specificato.
Se si effettua una desolfatazione di una settimana il problema si risolve da solo,ma nel caso di cariche scariche frequenti,magari nell'uso non fotovoltaico è bene tenerle in carica a 13.9V (batteria da 12V) per 24 ore,cosi le celle si livellano da sole,senza sforzo.

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Messaggio da Hal9000 » 18 ott 2013, 16:29

Questa discussione è stata scritta originariamente da Hal9000, Dolomitico e Ferrobattuto, in un altro forum che poi abbiamo abbandonato per contrasti con il gestore.
Visto che le informazioni riportate sono molto importanti, ed è sudore della nostra fronte, abbiamo deciso all'unanimità di importarlo in questo Forum.

Hal9000, Dolomitico e Ferrobattuto

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Messaggio da Hal9000 » 18 ott 2013, 16:29

Data originale: 2009-10-28 15:22,

Questa discussione vuole essere un riassunto di facile consultazione dei concetti toccati in tante altre parti e quanto di seguito riportato potrebbe essere esteso o modificato a fronte di nuove esperienze o test in futuro.Per evitare di appesantire o deviare quello che vuole essere un vademecum sull'uso e manutenzione delle batterie è stato impedito di inserire nuovi messaggi.

IMPORTANTE :La sicurezza viene sempre prima di tutto, in particola modo trattando apparati come le batterie che contengono sostanze altamente tossiche e pericolose per il nostro organismo, mi riferisco all'acido solforico dell'elettrolito (quella che sembra acqua all'interno) che è altamente corrosivo, brucia e corrode la pelle e qualsiasi parte del corpo, oltre che i vestiti, poi è anche presente il piombo, un metallo tossico se ingerito, anche in piccole quantità, o se entra in circolo nel sangue.

Gli accumulatori piombo-acido (comunemente chiamate batterie, come quelle delle auto) sono un componente comune a molte discussioni/progetti di questo forum e presentano una parte non indifferente dell'investimento economico per la maggior parte di noi.

Essendo, inoltre, un componente delicato, per via del fatto che piccole disattenzioni ed omissioni di manutenzione nel normale utilizzo ne possono provocare un prematuro malfunzionamento o rottura, proviamo a riassumere in maniera sintetica ma completa tutte le informazioni a cui siamo giunti grazie alle varie discussioni di questa sezione e mettendo insieme un pò tutte le nostre esperienze.

Modificato da Hal9000 - 14/12/2009, 18:51

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Messaggio da Hal9000 » 18 ott 2013, 16:29

Data originale: 28/10/2009, 15:40


Passo numero 1 - La scelta delle batterie da recuperare tra gli scarti:

Questa parte interessa tutti coloro che non possono permettersi l'acquisto di una batteria o un banco batterie nuovo o per chi affronta l'esperienza di sistemi di accumulo stazionari per impianti ad energie alternative per la prima volta e giustamente non vuole rischiare soldi in accumulatori nuovi.
Bisogna precisare che per un impianto serio e definitivo è sempre meglio andare su accumulatori nuovi per evitare il disagio di continue interruzioni di alimentazione quando meno lo si aspetta, se invece si ha un alimentazione di emergenza e l'inaffidabilità delle batterie non dà fastidio si può scegliere la batterie usata o di recupero.
Batterie usate o di scarto a costo 0 ce ne sono di tanti tipi, ecco un elenco delle più comuni in ordine di preferenza per uso stazionario:

1) batterie stazionarie ad elementi singoli da 2V con piastre positive tubolari


2) batterie stazionarie a monoblocco da 6V con piastre positive tubolari


3) batterie stazionarie a monoblocco da 12V con piastre positive tubolari


4) batterie per trasporto elettrico (es. muletti) ad elementi singoli 2V:


5) batterie da avviamento grosse (camion, autobus, trattori) a monoblocco 12V:




6) batterie da avviamento piccole (automobili, furgoni) a monoblocco 12V:


Quando vi recate nel luogo in cui vi offrono gratis uno tipo qualsiasi di questi accumulatori usati, se avete la possibilità di effettuare una scelta, potete seguire i seguenti passi per identificare quelle batterie che più probabilmente sarà possibile riassestare per un nuovo uso.
Ovviamente non saranno come nuove, ci si aspetta dal 50% al 10% delle prestazioni originali, ma considerando che sono a costo 0, fatta eccezione per il tempo dedicato al recupero e il trasporto, vale la pena provare.
Bisogna anche tenere presente che, in media, la metà delle batterie usate sono proprio irrecuperabili, poichè al loro interno presentano dei danni meccanici tali da non poter essere riparati con ricariche o manutenzione esterna, in quel caso vanno bene solo per un eventuale recupero delle materie prime contenute, ma questa è una pratica che presenta rischi per la salute e bisogna evitare di aprirle se non si è ben consapevoli della pericolosità delle sostanze chimiche contenute e comunque è discussa in un altra sezione.

Procedura di selezione:
1) Misurare la tensione della batteria, come prima scelta considerare solo quelle con tensione uguale o superiore a 11V





2) Verificare eventuali rigonfiamenti sui lati della batteria, se presenti e molto evidenti scartare la batteria





3) Aprire i tappi e verificare lo stato interno, l'elettrolita deve presentarsi limpido, le piastre devono essere integre e i 6 elementi devono avere tutti una colorazione simile, anche solo un elemento che presenta differenze sostanziali è indice di batteria irrecuperabile.
Le piastre migliori sono quelle integre, diritte, senza deformazioni e con due colori ben distinti (positive scure/nere e negative grigio).





In questa batteria potete notare come le celle sono tutte molto simili, non presentano sostanziali differenze e si possono distinguere bene le celle negative (grigio) da quelle positive (nero), c'è solo un pò di solfatazione (macchie bianche sulle piastre) che però può essere curata lentamente con una carica ad impulsi grazie all'ausilio di desolfatatori come vedremo più avanti.



4) In merito al punto 1, se tutte le batterie a disposizione presentano una tensione inferiore a 11V scegliere quelle che presentano le celle tutte uguali ed integre, o che magari sono biancastre (indice di sola solfatazione) o che magari sono solo asciutte (basta aggiungere elettrolita o acqua distillata se il livello è basso)


Ovviamente se è possibile portarsi a casa tutte le batterie si può effettuare la scelta poi con calma a casa propria, comunque questi criteri sono gli stessi per determinare quali batterie hanno la possibilità di ricaricarsi e rigenerarsi in parte e quali sono proprio inutili per un uso puramente elettrico.

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Messaggio da Hal9000 » 18 ott 2013, 16:29

Data originale: 28/10/2009, 16:01

Passo numero 2 - Diagnosi problemi e procedure di ricarica convenzionali:
Una volta scelte le batterie che si presentano meglio dal passo 1 si procede ad effettuare dei test e delle ricariche nel tentativo di riportare le batterie recuperate a livelli di prestazioni accettabili per un uso su impianti elettrici ad energia rinnovabile di tipo ad isola fai-da-te.

1) Usando solo acqua distillata riportare il livello dell'elettrolita di ogni cella in modo che copra appena il bordo superiore delle piastre interne, non riempire troppo le celle altrimenti in fase di ricarica il liquido contenente acido potrebbe fuoriuscire dai tappi, difatti deve sempre restare un pò d'aria tra il livello del liquido interno e il coperchio della batterie per dare libero sfogo alle bollicine di gas che si formeranno durante il normale utilizzo della batteria.

2) Determiniamo se la batteria ha una o più celle in corto, misuriamo la tensione a vuoto (solo con il tester) se la tensione è maggiore o uguale a 11V procediamo con il punto 3, se è inferiore siamo nel dubbio se è molto scarica e solfatata o ha le celle in corto, qundi andiamo al punto 6

3) applichiamo una lampadina da auto (lampadine 12V abbaglianti tipicamente tra 40 e 60W) ai poli della batteria per almeno 5-10 secondi in parallelo assieme al tester, continuando a leggere la tensione durante il test, se la tensione scende sotto gli 11V significa che la batteria è solfatata e si procede con il punto 6, se la tensione resta abbastanza stabile e non scende sotto gli 11V la batteria è solo scarica e basta ricaricarla, quindi procediamo al punto 4

4) mettiamo in ricarica la batteria per almeno 2 giorni con un caricabatterie, il tipo di caricabatterie e la dimensione della batterie determinano la durata della ricarica, si consigliano caricabatterie elettronici a tensione stabilizzata in quanto effettuano una ricarica più corretta, quelli più economici sono solo un trasformatore e un ponte radrizzatore il che significa che la tensione di fine carica varia in basa alle fluttuazioni della rete enel e di conseguenza a seconda dei casi si potrebbe sovracaricare la batteria o non caricarla completamente. La tensione di fine carica ottimale dovrebbe essere intorno ai 14.4V, una volta che la batterie raggiunge tale tensione dovrebbe rimanerci per almeno 4 ore per effettuare una carica corretta, su batterie che sono rimaste molto scariche è anche possibile tenerle a circa 15V per almeno 1 ora in modo da riequalizzare lo stato di carica delle varie celle.

5) completata la ricarica lasciare la batteria a riposo per almeno 1 giorno e poi misurare la tensione a vuoto, deve essere almeno 12,5V o superiore, più la tensione a riposo, dopo 1 giorno dalla ricarica, è alta e più la batterie è in salute, a questo punto effettuare una prova di carico, collegare la lampadina da auto per almeno 30 minuti e verificare la tensione, se non scende sotto i 12V la batteria è buona e pronta all'uso stazionario, se scende sotto i 12V la batteria è veramente esausta o solfatata, quindi come ultima spiaggia procedere con il punto 6

6) quando una batteria è solfatata bisogna procedere alla riconversione del solfato di piombo (di colore bianco) presente sulle piastre in piombo, biossido di piombo e acido solforico tramite una ricarica ad impulsi particolare, poichè la ricarica a corrente continua convenzionale non è in grado di passare attraverso l'elevata resistenza di tale sostanza cristallizzata, per effettuare questo particolare tipo di ricarica dovete usare dei circuiti appositi come per esempio il megapulse (vedi discussione), un circuito fai-da-te che ricarica e desolfata (vedi discussione) o qualsiasi altro apparato di ricarica o desolfatazione appropriato.
Tenete presente che il solfato di piombo è il normale prodotto di uscita della reazione chimica che genera corrente, come il fumo prodotto dal fuoco, solo che se lasciato li a riposo (batteria scarica o parzialmente scarica) per più di una settimana tende a formare cristalli che poi sono difficili da riconvertire con una normale ricarica.
Il processo di desolfatazione è un processo lento che a seconda dei casi può richiedere da qualche giorno fino a 2-3 settimane.

7) per determinare quando il processo di desolfatazione può essere considerato concluso o a buon punto è possibile misurare la densità dell'elettrolita tramite un densimetro e qualora la densità smette di aumentare durante il processo si può interrompere il processo, è anche possibile effettuare un ispezione visiva delle piastre interne, man mano che la desolfatazione fà il suo lavoro le macchie bianche devono ridursi o sparire e le piastre positive colorarsi di nero e quelle negative di grigio scuro, quindi è anche possibilie determinare visivamente quando il processo può essere considerato concluso.
A desolfatazione terminata tornare al punto 5 ed effettuare i test per determinare se la batterie è stata recuperata, se non funziona bene significa che l'accumulatore presenta anche danni meccanici interni e deve essere scartato definitivamente in favore di altre batterie da provare.



Modificato da Hal9000 - 12/1/2010, 12:02

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Messaggio da Hal9000 » 18 ott 2013, 16:29

Data originale: 2009-10-28 17:09,
Passo numero 5 - Progettare e calcolare un banco accumulatori nuovo:

Un impianto fotovoltaico, eolico, idroelettrico ad isola che si rispetti, o anche solo un sistema di backup o di emergenza, esige un insieme di accumulatori (batterie) in grado di soddisfare la richiesta di energia senza interruzioni o sbalzi di sorta e per garantire il servizio sarebbe sempre meglio affidarsi a batterie nuove del cui funzionamento si è sicuri, per lo meno per non fare brutta figura con chi userà il nostro impianto, se lo usa solo chi lo ha costruito.. beh fatti suoi e va bene tutto per provare ;)


Calcolare correttamente la capacità richiesta per tutte le situazioni che l'impianto dovrà affrontare significa anche massimizzare la durata in anni degli accumulatori.

Le regole fondamentali per non usare male un banco accumulatori sono poche:

1) l'accumulatore non va MAI scaricato sotto il 50% della sua capacità (se è una batteria usata la capacità totale sarà inferiore a quella di targa, quindi tenerlo in considerazione)
2) le correnti circolanti (sia di ricarica che di scarica) non devono mai superare il rate C10 per batterie a griglia o C20 per quelle tubolari, questo significa che la corrente massima = capacità batteria / 10 (o /20), possiamo dire che se il calcolo viene fatto per il C20 va bene per tutti i tipi di batterie
3) in uso ciclico devono ricevere una ricarica completa (100%) possibilmente ogni giorno ma non più tardi di una settimana in via eccezzionale, questo per evitare la cristallizzazione della parte di materie attive scariche (solfatazione), processo reversibile ma causa di parecchi grattacapi e comunque causa di invecchiamento precoce delle batterie
4) tenere le batterie al fresco e comunque evitare luoghi dove si superano i 25-30 gradi
5) scegliere sempre quelle ad elettrolita liquido ed evitare quelle sigillate (no AGM no GEL), di più facile manutenzione negli anni, ispezionabili internamente e più resistenti alle sovraccariche
6) se possibile scegliere sempre quelle con piastre positive tubolari in quanto permettono di effettuare un numero molto maggiore di cicli di carica e scarica rispetto a quelle a piastra piana a griglia
7) quando si collegano più batterie in serie per aumentare la tensione usare sempre batterie uguali, stessa capacità di Ah, stesso modello, stessa marca e stessa età ed usura, altrimenti si sbilanciano, e alcune si sovraccaricano mentre altre si solfatano rovinandole tutte
8) per i collegamenti in parallelo si può essere più generici, basta che le batterie non siano troppo differenti o abbiano una differenza di età troppo marcata, come test prima di collegarle insieme caricatele separatamente e lasciatele a riposo per alcuni giorni, poi misurate la tensione a riposo, non deve differire per più di 0,2V

Spesso capita di dover collegare in serie, parallelo o antrambe le combinazioni, più accumulatori od elementi per ottenere la tensione e la capacità richiesti da progetto, potrebbe sembrare una cosa banale, ma nell'effettuare le connessioni bisogna tenere conto di alcuni schemi di principio, sia per le polarità che per i percorsi effettuati dalle correnti, infatti bisogna garantire che ogni batteria, o stringa di elementi, contribuisca in maniera bilanciata alle correnti di scarica o ricarica, per esempio collegare una batteria vicino all'inverter ed un altra più lontana con più cavo ma sempre in parallelo, porta ad assorbire più corrente dalla batteria più vicina sovraccaricandola e quindi facendola invecchiare prima dell'altra.

Per non dilungarsi troppo riportiamo uno schema riassuntivo per le connessioni alle tensioni di uso più comune, lo schema mostra sia le connessioni in parallelo, serie e misto, il numero di batterie usato nello schema è ipotetico, lo stesso principio si adatta a più o meno accumulatori.



Come potete notare le polarità globali del banco accumulatori entrano sulle connessioni di parallelo delle batterie in due punti diagonalmente opposti, non è un errore, ma è voluto, poichè questo è un metodo samplice che garantisce una equa distribuzione delle impedenze e quindi la corrente totale viene partizionata in posrzioni uguale su tutti gli accumulatori.

E' anche molto importante verificare che tutte le connessioni ai poli delle batterie siano ben salde ed elettricamente ottimali, poichè basta anche un solo falso contatto o ad elevata resistenza per via di un debole serraggio per provocare una resistenza elevata nel ramo facendo scorrere la corrente in modo sbilanciato sugli altri rami o provocare pericolose scintille e surriscaldamenti.

Modificato da Keyosz - 5/11/2009, 08:47

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Messaggio da Hal9000 » 18 ott 2013, 16:29

Data originale: 2009-10-28 17:57, Passo numero 6 - Come riconoscere le batterie tubolari:

Di batterie al piombo ce ne sono di tantissimi tipi, variazioni, modelli e marche, ma sostanzialmente la chimica interna è sempre la stessa da 100 anni ad oggi, ovvero acido solforico diluito in acqua distillata al 20%-30% o sotto forma di gel, piombo poroso sul negativo e biossido di piombo sul positivo. Tutto il resto si gioca sulla tecnica di costruzione ed accorgimenti particolari che ne determinano caratteristiche particolari in base all'utilizzo a cui sono destinati.

La trama, forma e costituzione delle piastre positive di piombo è uno dei fattori molto determinanti, poichè soggetta ad elevata corrosione per via della polarità positiva e delle reazioni specifiche che su tale polarità avvengono, normalmente nelle batterie da avviamento (moto, auto, camion) viene usata una trama a grliglia o rete di piombo sulla quale viene rpessato l'ossido di piombo, overo la massa di materia attiva che determina la capacità in amper-ora (Ah).



Per le applicazioni ciclice e stazionarie, come le nostre, quello che più ci importa è la resistenza ad elevati numeri di carica e scarica con correnti moderate o basse, e qui ci viene in aiuto la tecnologia costruttiva tubolare, ovvero visto che le piastre positive a griglia delle comuni batterie da auto sono le prime a sgretolarsi per corrosione ed usura, qualcuno ha pensato bene di racchiudere il biossido di piombo del polo positivo dentro a dei tubetti di materiale plastico poroso, materiale plastico che non prende parte alla reazione chimica e non viene attaccato dall'acido solforico così da resistere molto tempo. Questi tubetti hanno un anima di piombo metallico che serve a portare il contatto elettrico del polo positivo su tutta la materia attiva (ossido) contenuto nel tubetto.

Di questi tubetti ce ne sono tanti messi uno a fianco all'altro a formare una piastra, la cui sommità presenta una barra di piombo che collega a sua volta tutte le asticelle dei tubetti assieme verso la barra positiva e ancora verso il polo positivo esterno.



I tubetti plastici porosi svolgono l'importante ruolo di trattenere il delicatissimo biossido di piombo in sede e a contatto con i fuselli, così che non si stacchi e cada depositandosi sul fondo della batteria, evento che nelle comuni batterie a griglia come quelle delle auto porta alla perdita di capacità fino alla morte della batteria stessa per sgretolamento.
Fatta questa lunga e noiosa premessa, potrebbe capitarci di dover capire se una batteria/elemento è di tipo tubolare oppure a griglia piana, infatti se possiamo scegliere andremmo sulle tubolari senza ombra di dubbio per via della loro longevità.
Sempre ammesso che sulla batteria non ci sia scritto o che non ci fidiamo di chi ce le vende, non è sempre facile capire se le piastre interne positive sono di tipo tubolare, però aprendo i tappi delle singole celle e guardando dentro attentamente con l'ausilio di una torcia, d'apprima si individuano le piastre positive in quanto sono di colore rosso scuro o nero, o comunque più scure delle negative, e poi si cerca di intravvedere sui bordi la caratteristica forma circolare di tanti tubetti messi in fila dentro la piastra.

Esempio di vista da un tappo di una batteria monoblocco 12V tubolare:


Con ringraziamenti a Pyron per il servizio fotografico, vista delle piastre interne di una batteria tubolare a cui è stato rimosso il coperchio:


Esempio di vista da un tappo di un elemento 2V tubolare:


Altro esempio di elemento 2V tubolare:


Modificato da Keyosz - 5/11/2009, 08:47

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Hal9000
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Vademecum batterie. - Accumulatori

Messaggio da Hal9000 » 18 ott 2013, 16:29

Nota: Con il passare degli anni, e l'esperienza di poi, si è visto che le saldature piombo-stagno nel tempo non reggono. Per cui si sconsiglia di fare questi tipi di riparazioni in quanto dopo pochi mesi si rompono di nuovo.
L'unico modo di saldare le piastre è piombo-piombo ma è necessaria una fusione parziale di entrambi i lembi, cosa impossibile da fare, dentro al contenitore plastico. La cosa migliore sarebbe estrarre le piastre e fondere di nuovo il collettore.
Fino ad ora nessuno ha tentato l' impresa.
Lascio qui il post integrale per motivi storici.



Data originale: 2009-10-28 18:22,
Passo numero 7 - Aprire e riparare elementi 2V interrotti:


Quando i ponti interni di collegamento delle varie piastre con i poli che vengono verso l'esterno si rompono, per varie ragioni tra cui la corrosione, la batteria o l'elemento diventa inservibile, però le piastre sono ancora buone, in pratica non si può usare la batteria solo perchè si è scollegata dal circuito esterno.
Nelle piccole batterie da auto o da camion, come anche in quelle a 6 o 12V per uso stazionario, le singole celle a 2V sono talmente piccole che gli spazi di manovra sono veramente ridotti, inoltre il coperchio è presso-fuso e quindi difficile da aprire senza danneggiare la batteria, quindi non mi spingerei a riparare ponti e connessioni interne interrotte su questo tipo di accumulatori, ma quando si parla di elementi 2V singoli, dove ogni celle è staccatta dalle altre, e che in genere sono sempre più grandi rispetto alle celle dei monoblocchi, lo spazio di manovra aumenta e aprire tali elementi per riparare interruzioni interne diventa cosa fattibile e conveniente.
Come anticipato ad inizio messaggio è molto importante fare molta attenzione, in quanto ora andremo ad aprire l'accumulatore per poter intervenire sulle parti interne e questo significa entrare a contatto con l'acido solforico e il piombo contenuto, è imperativo usare guanti di gomma, occhiali protettivi plastici, indossare vestiti che coprano tulle le parti del corpo e possibilmente una mantellina di plastica, tutto questo per evitare che schizzi accidentali di acido possano provocare lesioni e bruciature, per non dire cecità se a contatto con gli occhi.E' anche buona norma tenere a portata di mano una buona quantità di bicarbonato di sodio in quanto è basico e neutralizza l'acido solforico se accidentalmente dovesse cadere dell'eletrolita per terra, inoltre sarebbe saggio avere una seconda persona nei dintorni per ricevere soccorso/aiuto a fronte di imprevisti.

Per prima cosa bisogna svuotare l'elemento dall'elettrolita (acido), attraverso il tappo con l'ausilio di una pompetta interamente composta di parti plastiche, si riversa l'acido in un contenitore a parte (sempre di plastica) da tenere al sicuro poichè poi verra recuperato e reinserito nell'elemento a fine lavoro.

Una volta svuotato l'elemento si procede a tagliare o rimuovere il coperchio o la parte superiore del contenitore, eventualmente tagliando anche attorno ai due poli + e -.







A questo punto si vedranno la parte superiore di tutte le piastre positive, negative ed i relativi ponti di connessione, il 90% dei casi sono i ponti positivi che, per effetto della corrosione catodica, vengono fatti a pezzi e disciolti sotto forma di ossido rosso scuro o nero, ed è proprio su quelli che dovremmo agire.



Una volta individuato il punto in cui le piastre non sono più saldate ed elettricamente a contatto con le barre/poli dell'accumulatore si procede ad asciugare dall'acido residuo la parte, si può aspettare giorni, su può usare della carta assorbente o dell'aria non troppo calda, una volta asciugato il punto, si gratta via un pò di ossido, senza esagerare, quanto basta a vedere l'anima di piombo del pezzo, che è lucente.




Adesso è il momento di avvicinare le due parti e saldare con del comune stagno da saldatura (quello 40% piombo e 60% stagno) con l'ausilio di un adeguato saldatore, facendo attenzione a non scaldare troppo le parti di piombo se no si fondono oppure si rovinano i separatori di plastica in messo alle piastre.



Se la corrosione è troppo estesa si possono usare dei pezzetti, opportunamente tagliati e sagomati, di lamiera di piombo per ricostruire la parte dei ponti corrosa.




A questo punto si aspetta che le parti si rafreddino, si reinserisce il coperchio tagliato in precedenza, incollandolo al vaso dell'elemento con della comune colla a caldo, facendo attenzione a sigillare per bene tutti i lati e i contorni dei poli, in modo da evitare la trasudazione di acido poi successivamente durante l'utilizzo.



Si reinserisce l'acido precedentemente estratto e si procede con le ricariche e i test come per una normale batterie/elemento di recupero, vedere i punti precedenti.


Modificato da Keyosz - 5/11/2009, 08:47

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Re: Vademecum batterie. - Accumulatori

Messaggio da Ferrobattuto » 7 ago 2014, 13:45

È un tester per "batterie monocoperchio", anche di tipo economico.
Si, è possibile autocostruirlo, la resistenza deve avere un valore tale da assorbire una cinquantina di Ampere, e deve poter essere inserita e disinserita a piacere in modo da poter misurare la tensione a vuoto e sotto carico. Sotto carico la misura deve essere "veloce", ossia durare qualche secondo, un po' più lunga per batterie da 50Ah in su e un po' più corta per quelle più piccole. Con quel valore di scarica non è adatto a batterie da meno di 35 - 40Ah, troppo alto, e nemmeno per batterie sopra a 100 - 120Ah, troppo basso.
Quelli più "professionali" hanno almeno due resistenze inseribili e disinseribili a piacere, hanno un contenitore, generalmente traforato per consentire una ventilazione, che "protegge" le resistenze (e le mani dalle scottature.....) con voltmetro incorporato. Non serve che lo strumento sia di tipo "elettronico" o digitale, serve che abbia una discreta precisione, intorno a 2% almeno. Batterie tra 40 e 60Ah si misurano con una sola resistenza di carico inserita, quelle di capacità superiore con entrambe inserite come carico. Senza resistenze inserite si misura la tensione a vuoto.
Tutto sommato si può fare da se benissimo, in una scatola metallica traforata e con poco altro. Le due resistenze possono essere anche di fili di ferro di opportune dimensioni, l'importante è lasciarle freddare tra una misura e l'altra.
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Re: Vademecum batterie. - Accumulatori

Messaggio da giuseppe » 23 set 2014, 11:52

Hal9000 ha scritto:Nota: Con il passare degli anni, e l'esperienza di poi, si è visto che le saldature piombo-stagno nel tempo non reggono. Per cui si sconsiglia di fare questi tipi di riparazioni in quanto dopo pochi mesi si rompono di nuovo.
L'unico modo di saldare le piastre è piombo-piombo ma è necessaria una fusione parziale di entrambi i lembi, cosa impossibile da fare, dentro al contenitore plastico. La cosa migliore sarebbe estrarre le piastre e fondere di nuovo il collettore.
Fino ad ora nessuno ha tentato l' impresa.
Lascio qui il post integrale per motivi storici.


Si possono saldare anche dentro al contenitore basta avvolgere con lana di roccia l'elemento in maniera di vedere solo ilpiombo da saldare e la lana di roccia fa rimanere in sede il piombo fuso

2014-08-31 18.28.26.jpg
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Re: Vademecum batterie. - Accumulatori

Messaggio da Dolomitico » 23 set 2014, 20:26

giuseppe ha scritto:Si possono saldare anche dentro al contenitore basta avvolgere con lana di roccia l'elemento in maniera di vedere solo ilpiombo da saldare e la lana di roccia fa rimanere in sede il piombo fuso
2014-08-31 18.28.26.jpg


Come vedi Giuseppe non cè una verità suprema,tu hai avuto modo di provare o sperimentare cose che sono state lasciate in sospeso.
All'epoca che abbiamo scritto questo vademecum,molt cose non si sapevano ancora e andrebbe un pò aggiornato.
La parte positiva è che su quello seminato da qualcuno,arriva poi qualcun'altro e scopre magari delle altre cose,che alla fine arricchiscono il sapere comune,più persone sperimentano e prima si scoprono trucchi e soluzioni.
Se ti va un giorno potresti scrivere anche tu un'aggiornamento con le tue riflessioni delle prove che hai fatto.

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Re: Vademecum batterie. - Accumulatori

Messaggio da maxlinux2000 » 23 set 2014, 23:33

interessane articolo in spagnolo in cui danno delle stime di vita in cicli delle varie tipologie di batteria:

https://translate.google.com/translate? ... edit-text=

batteria da auto e da camion: 400 cicli al 75%
batteria agm 800 cicli ..... profondità imprecisata [glow=red]edit: (500 cicli al 75%)[/glow]
batterie semistazionarie: 1200 cicli al 50% - [glow=red](700 cicli a 80%)[/glow]
batterie pzs cpzs e opzs: 1500 cicli all' 80%
[glow=red]batterie silicio 1600 cicli all' 80%[/glow]

[glow=red]Edit:
ho trovato l' infomazione in altri siti.
le agm hanno solo 500 cicli al 75% ...un pelino meglio di una batteria da auto o da camion :sick:
Le semistazionarie 700 cicli a 80%
[/glow]
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Re: Vademecum batterie. - Accumulatori

Messaggio da maxlinux2000 » 11 mar 2015, 20:58

Aggiungo ancora una nota:
Da più di un anno, sto facendo un esperimento con il mio banco di batterie da automobile (usate) collegate in parallelo con diodi separatori.

L' esperimento tratta di ricaricare le batterie costantemete a 15.5V senza mai fare equalizzazioni extra.
Finora il banco regge benissimo e da allora non ho più comprato altre batterie usate.
leggi questa discussione: viewtopic.php?f=7&t=104&start=720#p39881
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Re: Vademecum batterie. - Accumulatori

Messaggio da paolo.pincelli » 29 ott 2015, 12:13

ciao
complimenti per la splendida guida
ho recuperato due pacchi battere da muleto 650A
grazie alla meraviglisa guida sto cercando di recuperare il possibile e fare un pacco discreto da 80V
il mio progetto sarebbe se secondo vio fattibile ?
di utilizzre il trasferitore di energia con bobine di filo , per alimetatre un inverter fotovoltaico 200vcc
nelle ore notturne e pilotando il pwm impostare il mio consumo medio
è fattibile ?
grazie

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Re: Vademecum batterie. - Accumulatori

Messaggio da Ferrobattuto » 29 ott 2015, 18:55

Ho l'impressione che hai tentato di infilare troppi dati in troppo poche righe, per cui ti dico quello che ho capito e tento di risponderti.

1) Con due banchi da muletto da 650Ah vuoi fare un singolo pacco da 80V.
Perché 80V? È una tensione "ibrida" ben lontana dalle tensioni "commerciali". Le normali tensioni usate sono: 12 - 24 - 48 - 96V nominali.
Dovresti spiegarci anche i due banchi che tensioni hanno, se sono integri o presentano elementi difettosi.

2) Il "trasferitore di carica" di Hal9000 serve solo per trasferire energia da un banco all'altro, anche con tensioni differenti tra loro. Ma NON È ASSOLUTAMENTE adatto ad alimentare una qualsiasi apparecchiature elettronica. Meno che mai un inverter. Funziona in regime impulsivo, con picchi di tensione elevati, per cui ricevibili solo da un altro accumulatore. Alimentandoci una apparecchiatura elettronica a stato solido (a transistor) brucerebbe i componenti elettronici interni.

3) Un inverter a 200Vcc? Gli unici che conosco a tensione così alta sono quelli per sistemi fotovoltaici connessi alla rete. Ma quelli NON funzionano se non hanno la 220Vac della rete connessa all'uscita.....

Piccolo consiglio personale: NON tentare di pasticciare con un impianto connesso alla rete già esistente. Si va incontro al rischio di guasti pericolosi e gravi sanzioni di legge. Quegli impianti non possono produrre corrente durante le ore notturne, e non possono (per legge) munirsi di banco di accumulo privato.

Se ho capito male, per favore, metti giù un bel post particolareggiato su quello che hai e cosa hai in mente di fare. Non aver paura di farlo lungo che quì nessuno si stanca a leggere. :lol:
Eventualmente puoi aprire una discussione nuova tua sul tuo progetto esponendo bene i tuoi problemi, i tuoi consumi notturni ecc ecc.
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Re: Vademecum batterie. - Accumulatori

Messaggio da MaurizioD'Ario » 30 giu 2022, 14:35

Buongiorno.
Sono appena iscritto e già da una lettura qua e là devo dire che questo gruppo mi piace molto.
Presenza di persone veramente competenti, umili, gentili e disposti al confronto.
Detto questo ho una domanda da fare.
Come è possibile che trovi il Megapulse da 40 € a 200 e passa € ?
Noto che su quello a maggior costo è indicato made in Germay.
Alla fine cosa cambia fra i due su cui sono riportate le stesse caratteristiche ?
Grazie a tutti.

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Re: Vademecum batterie. - Accumulatori

Messaggio da Ferrobattuto » 3 lug 2022, 20:18

Io sinceramente prenderei quello da 40€.....
Alla fine il cosiddetto Megapulse non è altro che un "pulsatore" che invia un treno di impulsi molto brevi a tensione elevata, che servono a sciogliere il solfato cristallizzato sulle piastre. Nel forum si è parlato anche di autocostruzione o di varianti economiche. Se cerchi dovresti trovare diversi post che ne parlano.
Però, se ci spieghi a che ti serve, forse ne puoi anche fare a meno.....
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